Come ho trasformato il mio dolore in un dono

Strategie di sopravvivenza

Ho sempre avuto una bassissima soglia del dolore, sia fisico che emotivo, mentale e spirituale e questa, forse, è stata la mia più grande fortuna.

Perché purtroppo al dolore ci si abitua, si impara a conviverci e a trovare strategie di sopravvivenza; si impara a giustificare la follia in cui si vive, lasciandosi ingannare  dal un’apparenza di normalità a cui si finisce per credere.

Il pensiero più accettabile

Anche se non ne sono stata consapevole fino ai miei 27 anni, sono cresciuta con una mamma alcolista: dolce e premurosa al mattino, violenta e fuori di testa quando tornavo da scuola.

Per anni ho visto mia mamma bere, ho visto la follia intorno a me, eppure non riuscivo a collegare quello che succedeva, all’alcol. 

Dopotutto si sa, tutti bevono, cosa c’è di male?

Ero convinta che gli alcolisti fossero quelli dei film: si rotolano per terra, non lavorano e sono un peso per la società. 

Non sapevo ancora che invece esistono tantissime forme di alcolismo, spesso molto subdole, e soprattutto pensavo che un problema come questo non sarebbe mai toccato alla mia famiglia, a mia madre.

Così, col tempo ho cominciato a pensare di essere io quella sbagliata: credere che fosse tutta colpa mia era sicuramente più accettabile e meno doloroso. 

Un vortice che travolge tutti

L’alcolismo non danneggia solo la persona che beve, ma colpisce duramente anche i familiari che cominciano presto ad essere ossessionati da quello che fa l’alcolista. 

Infatti, vogliono aiutarlo a tutti i costi, e per questo cercano di controllarlo, convincerlo a smettere, si preoccupano, pregano, si arrabbiano, minacciano, diventano persino violenti.

In questo vortice di follia che non risparmia nessuno, l’alcolista beve sempre di più e i suoi familiari, senza rendersene conto, perdono il controllo persino di sé stessi. 

Questo facevo io con mia madre, ma non volevo, o forse non ero ancora pronta ad ammetterlo.

Un problema molto più grande di me

Vivere con un alcolista significa vivere nello schifo, nella paura e nella vergogna costante. 

Io mi vergognavo di tutto: di me stessa, della mia casa e soprattutto dei miei genitori: odiavo mio padre per i suoi tradimenti e mia madre perché continuava a bere, ma allo stesso tempo li amavo e avrei voluto aiutarli.

Ma il problema era molto più grande di me, e così fallivo ad ogni tentativo: vomitavo quasi tutto quello che mangiavo, e soffrivo di terribili attacchi di emicrania per la paura e la tensione continua.

Da piccola, cercavo di compensare quella vita incontrollabile dedicandomi con tutta me stessa allo studio e allo sport; poi, quando sono cresciuta, sono caduta nella trappola di cercare relazioni con persone anch’esse problematiche perché dipendenti dall’alcol o altre sostanze.

Avevo bisogno di sentirmi utile, ma tutte queste esperienze non facevano altro che farmi stare ancora più male ed aumentare il mio senso di fallimento. 

Mostravo tutti i sintomi del mio essere figlia di un’alcolista o, come si dice, del mio co-alcolismo e della mia co-dipendenza.

Infatti, anche se non ho mai bevuto, la mia salute mentale era seriamente in pericolo. 

Avere un ruolo consapevole

Per scappare da tutto questo, sono andata via di casa giovanissima, ma mi sono portata dietro tutta me stessa, il mio dolore, confusione e follia. 

Poi, ho cominciato a capire che avrei potuto avere un ruolo più consapevole in tutto quello che mi capitava, che non poteva dipendere tutto dal caso o della sfortuna, e così ho smesso di sentirmi una vittima. 

Molto presto ho riconosciuto che, al di là della mia famiglia, toccava a me risolvere i miei problemi, che erano solo miei. 

Per prima cosa, ho smesso di incolpare gli altri, soprattutto i miei genitori, e ho iniziato a prendermi la responsabilità di chi ero e di cosa facevo e a desiderare con tutta me stessa una vita diversa. 

Volevo cambiare, ma ho capito subito che da sola non ce l’avrei fatta. 

Il supporto di un gruppo con cui condividere

Così, ho cercato un aiuto specifico nei gruppi di sostegno ai familiari degli Alcolisti Anonimi e, attraverso l’accettazione dell’alcolismo come malattia, della mia impotenza e del fatto che non potevo fare nulla per mia madre, ho cominciato a rinascere e a guarire.

Per me, risalire non è stato facile, ma ce l’ho fatta.

Il supporto di un gruppo di persone con cui condividere le fatiche e le vittorie, è stato importantissimo: più guarivo e più avevo voglia di benessere. 

Dieci anni dopo, quando ero pronta ad un ulteriore salto di crescita e consapevolezza, ho incontrato la Dinamica Mentale.

Oggi riconosco che l’esperienza dell’alcolismo, nonostante tutto il dolore che ha causato a me e alla mia famiglia, è stata in realtà un grandissimo dono. 

Infatti, è stata la molla che mi ha spinto ad iniziare un percorso di rinascita, guarigione e crescita spirituale, che altrimenti non avrei intrapreso e portato avanti così intensamente.

Oggi, a 50 anni, continuo il mio percorso negli Alcolisti Anonimi per avere sempre più consapevolezza dei meccanismi perversi delle dipendenze e delle co-dipendenze, per migliorare la mia vita e per essere disponibile per le persone nuove che arrivano in cerca di aiuto.

Contemporaneamente, continuo a utilizzare gli strumenti della Dinamica Mentale per connettermi sempre più profondamente alla mia parte spirituale.

Coltivare la gratitudine

La vita mi ha regalato tanto: una famiglia, un marito, due figli. 

Ho avuto la fortuna di avere un lavoro appassionante che per anni mi ha portata a viaggiare e vivere in Italia e all’estero, facendo esperienze meravigliose. 

Ma la più straordinaria di tutte è stata il percorso di liberazione dalle mie prigionie, alla ricerca della libertà personale: siamo nati per vivere in pienezza, dipende solo da noi trovare la strada per conquistarla e mantenerla. 

Infatti, un percorso di recupero e di crescita personale non ci risolve automaticamente  i problemi della vita, ma ci dà gli strumenti giusti per affrontarli.

E questo mio grande desiderio di salute e di benessere è un dono che ancora oggi custodisco come una delle cose più preziose che ho, e continuo a pregare, impegnarmi e coltivare la gratitudine per conservarlo sempre più sano e forte.

lettera firmata


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